Petőfi-Muzeum, 1889 (2. évfolyam, 1-6. szám)

1889-09-01 / 5. szám

285 Petői olaszul. a’ monti su m’arrampico, all’ oceano mi affido! — Dali’ anima, che sogna, fuori allor derivando raggio di luna ё il canto, che luccica tremondo. 2. Pur, meglio che in balía de’ miei sogni cullarmi, dei mio domani avrebbe il pensiero a turbarmi . . . Ma no ; perche pigliarne affanno ora dovrei ? avrä Dio, cosi buono, cura de’ giorni miei; spensierate allor volano le canzoni gioconde anime di farfalle candide e vagabonde. 3. Quando in qualche mi avvengo fanciulla sorridente, seppellisco ogni mia dogba profondamente, negli occhi suoi si specchiano fise le mie pupille come gli astri del mare nelle aeque tranquille; ed allora le mie canzoncine vezzose dell’ alma innamorata sono selvagge rose. 4. Contento, s’ella m’ama, io vuoto il mio bicchiere, triste, s’ella non m’ama, riesco male a here; pur quando terso il vino nel calice scintilla, la fiorente allegrezza in me subito brilla e, in quel fuggerol attimo, sono tutti i miei canti dell’ alma inebbriata iridi tremolanti. 5. Perö, se, mentre girano lietamcnte i bicchieri, stretti i polsi del popolo, stanno ancor prigionieri, se, mentre urtan lc tazze lucide tintinnando stridon gli anelli bruni de’ ceppi scricchiolando, delle canzoni i cori, ebe mi sgorgan dal petto, son nuvole dell’ anima rigonfia di dispetto. 6. Ma perche questo popolo di schiavi ancor sostiene tanta vergogna e frangere non sa le sue catene ? di Dio nella clemenza forse si affida ? о crede che rose dalia ruggine debban cadergli al piede? vibrando allor dal mio fervido labbro i canti sono lampi dell’ anima e folgori flammanti. Közli: Dr. Erdélyi Károly, 286

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