Berzeviczy Albert: Nel centenario della nascita di Maurizio Jókai (Budapest, 1925)

Nell’aecingermi a scrivere del più grande romanziere ungherese, Maurizio Jókai, il cui centenario si festeggia ora in Ungheria, mi pongo prima di tutto la questione se i lettori troveranno motivato occuparsi dello scrittore d’una piccola nazione, divenuta — ahimè — molto più piccola ancora in seguito agli eventi recenti. Dal punto di vista della letteratura non è certo decisiva l’esten­sione di un paese e di una nazione. Ibsen, Brandes rappresentano nazioni infatti meno numerose dell’ungherese. D’altra parte il crollo dell’Ungheria in seguito alla guerra perduta ha reso la mia patria meno importante politicamente ed economicamente, ma non ha toc­cato certamente la sua posizione nella letteratura mondiale. Il cen­tenario del Petőfi fu — due anni fa — celebrato anche in paesi che si erano trovati nella guerra di fronte all’Ungheria; il grande dram­ma filosofico del Madách, «La Tragedia dell’Uomo», si rappresenta con vivo successo anche in capitali, come Praga, dove le simpatie per l’Ungheria di certo non sono esuberanti. Ora più che mai gli scrittori drammatici moderni dell’Ungheria sono in voga. A Milano « La fiaba del lupo » di Francesco Molnár era — poco fa — la novità preferita del Teatro Manzoni; e per l’autunno è già fissata la prima rappresentazione di un dramma di Francesco Herceg. A Vienna non passa giorno senza che un autore ungherese non sia rappresentato. I drammi e le commedie di Molnár, di Herceg, di Lengyel e di molti altri sono introdotte sulle varie scene dell’Europa e dell’Ame­rica. L’esportazione letteraria dell’Ungheria è quindi, per così dire, in ascesa, vinta nella guerra essa vuole e può ancora sempre occu­pare un posto rispettabile nell’opera della pace. L’Ungheria inoltre traversa ora un’epoca che riunisce i cente­narii di una intera serie di memorabili nascite. La seconda e la terza decade del secolo xix produssero da sole per il nostro paese talenti letterarii che in altri tempi avrebbero reso memorabile un secolo intero. È da poco che noi abbiamo commemorato il centenario della nascita di Giuseppe Eötvös che fu egualmente grande come poeta, filosofo e statista, e la cui grande opera sulle idee regnanti del se­colo XIX trovò in Germania una diffusione più grande che nella stessa Ungheria. Nacque nello stesso anno il poeta ungherese Gio­vanni Arany, forse più grande di tutti, il più celebre epico, autore della trilogia sull’eroe nazionale Toldi, che fu il primo ad abban­donare la forma classica degli esametri per abbracciare la cosidetta

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