Ungheria, XXXIII. Biennale (Venezia, 1966)

ARAZZI 66,0939 — Kossuth Nyomda, Budapest ■ i li S v -ir “ r civiltà antica; in Inghilterra si è conquistato l’amicizia di Henry Moore; ha partecipato a numerose mostre in Svezia, Svizzera e Austria, e anche l’Italia ha voluto, nel 1959, assegnare al suo figlio d’ elezione il Premio Carrara. Un fatto che caratterizza la situazione attuale della vita artistica del nostro Paese è che alla sua mo­stra organizzata l’estate scorsa a Tihany, sua terra d’elezione, nelle sale dell’ex Abbazia trasformate in museo moderno dove egli ha esposto le opere dell’ultimo periodi* presenti in gran numero anche all’attuale Biennale, sono affluiti 150 000 visitatori per coronare, in mezzo ad animate discussioni, l’opera della sua vita d’artista. Accanto alla mostra personale di Miklós Borsos presentiamo in questa rassegna Gyula Feledy, uno dei maestri dalla produzione più matura nella schiera sempre crescente dei nostri giovani e dotati cultori dell’arte grafica. Discendente di una famiglia di minatori, fu egli stesso operaio prima di diventare artista. Dopo gli studi al­l’Accademia di Budapest, si è perfezionato come borsista in Polonia, poi, dopo vari viaggi di studio in Europa, si è stabilito e lavora tuttora a Miskolc, grande centro industriale e sede ormai tradizionale delle biennali d’arte grafica in Ungheria. Vinse nel 1966 il premio Munkácsy. Nell’opera grafica del Feledy il dramma di un’austerità virile e unlirismo pervaso, direi, senza esagerare, di dolcezza fanciullesca si fondono in composi­zioni potentemente risolute e ricche di raffinata purezza. Linea e colore formano, nella sua grafica, un unità ecce­zionale. Le sue serie e le illustrazioni costituiscono una manifestazione armoniosa di un intelletto complesso. Oltre alle composizioni plastiche e grafiche esponiamo questa volta anche una piccola collezione scelta di un altro genere pittorico che segna un’ascesa proprio in questi anni: si tratti dell’arazzo figurativo. Per questa pittura dei tessuti, oltre ai maestri dell’ arte decorativa propriamente detta, stanno approntando i loro sfolgo­ranti cartoni i nostri pittori di un numero sempre maggiore. La politica culturale dell’Ungheria promuove con incoraggiamenti sempre più larghi, questo genere di pittura espressiva che lascia ampio campo all’affer- t marsi di tendenze varie e moderne, offrendo nello stesso tempo un documento della sopravvivenza in Ungheria delle classiche tradizioni europee. XXXIII BIENNALE XXXIII BIENNALE VENEZIA 1966 VENEZIA 1966 XXXI11 Biennale Venezia 1966 Ungheria Testo : Prof. L. Vayer Commissario della Sezione — Presentazione Grafica : G. Papp Fotografie: T. Féner, K. Koffán, I. Petràs.

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